Disoccupazione, cassa integrazione e formazione: gli ultimi dati negativi

Secondo gli ultimi dati Istat, la situazione relativa a disoccupazione, cassa integrazione e formazione è pessima.
I tre aspetti sono tutti collegati tra di loro. Una disoccupazione elevata e un aumento incontrollato delle richieste di cassa integrazione allo Stato da parte delle imprese sono due facce di una stessa medaglia: quella della crisi. In Italia la disoccupazione ha ormai raggiunto l’allarmante percentuale dell’11,5%, a metà tra i paesi più critici (Spagna e Grecia, con disoccupazione superiore al 25%) e i paesi più “sani” (Austria e Germania, con disoccupazione attorno al 5%).
Per quanto riguarda invece le richieste di cassa integrazione, ad aprile del 2013 le ore di Cig hanno superato i cento milioni, con un aumento di oltre il 16% rispetto all’aprile del 2012.
In momenti come quello attuale, ovviamente, le spese per la formazione subiscono tagli importanti, sia da parte dei cittadini che da parte delle istituzioni. Eppure, la formazione è stata da tempo individuata come una delle strade più efficaci per garantire alti livelli di occupabilità, laddove l’occupabilità è definita come la capacità dei singoli individui di cercare, trovare e mantenere il proprio lavoro.

La formazione, infatti, consente alle persone di adeguarsi ai cambiamenti del sistema produttivo, favorendo in tal modo innovazione e il liberarsi di nuove energie imprenditoriali. Con il graduale invecchiamento della popolazione, inoltre, la formazione continua appare come l’unica strada per far sì che i lavoratori non perdano “valore” sul mercato man mano che l’età avanza e per non creare competizione tra le vecchie generazioni e le nuove.

Viene considerata formazione continua sia quella seguita dai lavoratori per aggiornare le competenze relative alla propria professione, sia quella che si svincola dal lavoro svolto, e che consente un accrescimento generale della propria cultura. Questo tipo di formazione non è affatto inutile, ma è anzi necessaria in un mondo del lavoro che non contempla più l’idea del “posto fisso”, e che anzi chiede ai lavoratori di cambiare percorso più volte nel corso della vita.
La formazione continua, in Italia, ha subito nell’ultimo anno (2012) una flessione significativa rispetto all’anno precedente: anche in questo caso, si tratta di un trend creato dalla crisi. Tuttavia, rinunciare alla formazione proprio ora significa precludersi qualsiasi via d’uscita dalla crisi e allargare il divario esistente.
Per questo motivo, enti e società da tempo impegnate nel campo della formazione continua (come ad esempio lo Ial) tengono vivo il dibattito sulla necessità della formazione, dando informazioni circa le opportunità esistenti e creando le sinergie necessarie alla nascita di nuove iniziative nel campo.

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