Richiesta revoca misure custodia cautelare

Pubblichiamo in questa sede – ovviamente con le necessarie modifiche per la tutela della privacy di ogni soggetto implicato nella vicenda – la richiesta di revoca della misura cautelare custodiale (ovvero in carcere) applicata a due assistiti dallo Studio Legale dell’Avv. de Lalla.

Si tratta di una richiesta di revoca (ex art. 299 c.p.p.) della misura cautelare avanzata dal difensore al medesimo giudice (il GIP) che durante le indagini preliminari aveva ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico dei due indagati.

I fatti denunciati dalla vittima (che portava a sostegno della propria tesi anche un testimone oculare) consistevano di una rapina eseguita in suo danno da due sconosciuti armati di un coltello che lo avevano aggredito, ferito e, appunto, rapinato.

Subito dopo i fatti, la persona offesa/denunciante aveva chiamato la Polizia (giunta sul posto solo pochi minuti dopo, quando i due rapinatori si erano già allontanati) e si era recata al pronto soccorso ove gli veniva refertata una ferita lacero contusa alla testa.

In sede di denuncia querela, il denunciante ripercorreva i fatti con dovizia di particolari (descrizione dei due aggressori, indicazione delle sommarie loro generalità riferitegli da alcuni connazionali, descrizione del coltello e delle modalità della rapina) e, dopo aver fornito il certificato rilasciato dal pronto soccorso, riconosceva i due aggressori in sede di individuazione fotografica effettuata tramite la visione di appositi album.

Rintracciato il domicilio dei due accusati, la Polizia li fermava e li traduceva in galera a seguito dell’applicazione della misura cautelare decisa dal GIP.

Ricevuto l’incarico, lo Studio dell’Avv. de Lalla svolgeva indagini investigative difensive all’esito delle quali era possibile redigere e depositare la richiesta di revoca della misura cautelare (che qui sotto riportiamo integralmente) che veniva accolta dal GIP con la conseguente scarcerazione dei due indagati.

***

L’istanza qui sotto riportata o, meglio, l’attività defensionale alla base della stessa, può definirsi come la realizzazione dell’approccio tecnico, organizzato e ad ampio raggio della strategia difensiva che lo Studio dell’Avvocato de Lalla cerca di assicurare a tutti i propri assistiti.

Sono state esperite diverse attività di indagini investigative difensive eseguite accuratamente dopo una fase iniziale di raccolta delle informazioni.

Le attività svolte si sono articolate in:

–         Analisi degli atti di indagine;

–         Incontro degli assistiti alla luce delle prove raccolte dall’accusa;

–         Individuazione e citazione dei potenziali testimoni utili alla difesa;

–         Audizione (con video registrazione e verbalizzazione integrale) dei testimoni;

–         Ricostruzione dei luoghi mediante fotografie e cartine stradali;

–         Ricostruzione critica dei dati emergenti dagli atti di indagine.

–         Redazione dell’istanza con illustrazione degli esiti delle indagini investigative difensive.

 

L’istanza ha comportato (e documentato) il venire meno dei gravi indizi di colpevolezza che devono sussistere per la legittimità della misura cautelare custodiale.

Vale la pena sottolineare che il venir meno dei predetti gravi indizi veniva condiviso dal medesimo Giudice (il GIP) che li aveva ritenuti sussistenti al momento dell’applicazione della misura cautelare.

La lettura dell’istanza permetterà di capire in maniera esauriente tutti i passaggi svolti dalla difesa.

L’attività defensionale si è sviluppata in una precisa direzione fin dalle prime battute organizzando tutti i necessari adempimenti per il corretto e proficui esercizio del diritto di “difendersi provando”.

 

 

 

 

 

 

 

 

ILL.MO GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO

DI …

Dott.ssa XXX

 

ILL.MO PUBBLICO MINISTERO

PRESSO LA PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI ….

Dott. XXX

Richiesta di revoca della misura cautelare

RGNR Mod…….

RG GIP…….

 

Il sottoscritto Avv. Giuseppe Maria de Lalla del Foro di Milano difensore (nomina avvenuta presso l’ufficio matricola del carcere) dei Signori

El…………………

nato in Egitto il… domiciliato in… e

Abdel ……………..

nato in Egitto il…

entrambi indagati nel procedimento penale indicato in epigrafe ed attualmente sottoposti alla misura cautelare custodiale presso il carcere di San Vittore

PREMESSO

  • che il GIP emetteva l’ordinanza applicativa della misura in data 22.6.2013;
  • che i fatti reato per i quali si procede sarebbero accaduti in data…. in Milano presso l’esercizio commerciale “Bar…..” (All.to 1)

RILEVATO

  • che il coacervo accusatorio tutto si basa su quanto denunciato dalla persona offesa xxx in data …  presso il Commissariato di P.S. di Milano “Monforte – Vittoria”;
  • che la medesima versione dei fatti riferita dalla persona offesa era confermata da tale WWW in sede di individuazione fotografica operata dal denunciante (effettuata successivamente alla denuncia decorso qualche giorno);
  • che il denunciante in sede di denuncia riferiva anche della presenza di un secondo testimone dei fatti – il Signor AAA – che successivamente ai fatti non sarebbe stato da lui più rintracciato e che il medesimo Signor AAA (secondo quanto riportato nell’ordinanza del GIP pag. 3) sarebbe il fratello di colui (tale YYY V. ordinanza in commento) che aveva nella disponibilità l’appartamento in Milano, Corso … abitato di fatto dai due indagati;
  • che la persona offesa confermava più volte di essere stato rapinato ed aggredito “senza alcun motivo” (pag. 2 dell’ordinanza)

EVIDENZIATO

  • che la persona offesa riferiva di NON conoscere i due indagati;
  • che tale versione – ovvero di non conoscere i due indagati – veniva confermata dalla persona offesa anche in sede di individuazione fotografica presso la PS;
  • che anche a fronte di tale circostanza (la non conoscenza diretta dei due indagati) la persona offesa era in grado:
    • di indicare i nomi dei due indagati;
    • di indicare che si trattava di due cugini;
    • di indicare l’indirizzo di uno dei due (via ….);
    • di indicare che uno dei due era menomato da una mano e da un occhio;
    • di indicare compiutamente le esatte generalità del secondo soggetto coinvolto (già indicate in parte all’atto della denuncia)
  • che tali informazioni sarebbero state date alla persona offesa da alcuni connazionali non meglio indicati (connazionali ai quali la persona offesa si riferiva sia in sede di denuncia che di individuazione fotografica);
  • che, ugualmente, la persona offesa riferiva che i due indagati lo avrebbero cercato presso il suo domicilio non indicando le generalità di coloro che avrebbero raccolto le intimidazioni dei due sedicenti rapinatori (intimidazioni citate anche nell’ordinanza di applicazione della misura in atto);
  • che la persona offesa formalizzava in denuncia che i due rapinatori erano armati di due coltelli;
  • che in sede di individuazione la persona offesa rettificava che solo uno dei due armato di un grosso coltello (25 cm totali) del quale era in grado di indicare anche il colore del manico (sebbene è di tutta evidenza che il manico fosse stretto nella mano dell’aggressore);
  • che in sede di individuazione la persona offesa descriveva anche con maggiori dettagli la dinamica dell’aggressione (rectius: della rapina) specificando di essere stato aggredito sia di fronte che da tergo e contemporaneamente derubato del portafogli

PRESO ATTO

  • che il GIP ha ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza indicando la persona offesa quale fonte attendibile e sottolineando la conferma del quadro accusatorio anche alla luce delle dichiarazioni di uno dei due testimoni presente ai fatti (il YYY);
  • che la polizia non svolgeva altra investigazione se non quella attinente all’individuazione e cattura[1] dei due indagati sulla base delle indicazioni della persona offesa (e, nello specifico, non sono stati individuati e sequestrati né i denari, né i documenti contenuti nel portafogli, né il portafogli medesimo né il coltello che sarebbe stato utilizzato dagli aggressori)

DOCUMENTATO

  • che il sottoscritto difensore nell’espletamento del proprio ruolo e, in particolare, nell’esercizio del diritto degli indagati di “difendersi provando” svolgeva indagini investigative difensive (che qui verranno prodotte in originale);
  • che tali indagini investigative difensive consistono (oltre che nel rilevamento fotografico dei luoghi tramite google maps che qui si allega) in tre verbali ex art. 391 bis c.p.p di tre persone presenti ai fatti ed in particolare:
  1. Signor AAA (identificato mediante documento di identità qui allegato) ovvero il medesimo soggetto che la stessa persona offesa indicava come presente ai fatti al momento della denuncia (V. ordinanza di applicazione della misura cautelare);
  2. Signor … (V. allegata la copia della carta di identità) la cui presenza ai fatti veniva indicata dall’Atta;
  3. Signor … (V. allegata la copia carta di identità) ugualmente indicato al difensore dall’Atta quale testimone oculare
  • Che i verbali venivano redatti dal difensore sotto dettatura e che l’intera audizione veniva video registrata (ed i files sono in possesso del sottoscritto difensore e a disposizione del Giudice);
  • Che la rilettura dei verbali prima della sottoscrizione veniva effettuata dal medesimo difensore (con l’ausilio della collaboratrice di Studio) alla presenza delle persone informate sui fatti;
  • Che alle persone escusse venivano ovviamente fatti tutti gli avvisi di legge ex art. 391 bis c.p.p. (sia in forma scritta al momento della convocazione tramite raccomandata, sia verbalmente prima dell’audizione, sia nuovamente in forma scritta all’atto della rilettura e sottoscrizione del verbale);
  • Che le persone escusse dalla difesa contraddicono totalmente la versione fornita dalla persona offesa e, in particolare (rinviando ovviamente alla specifica, attenta e completa la lettura dei verbali qui allegati in originale):
  1. La persona offesa e i due indagati si conoscono da molto tempo quando ancora tutti e tre abitavano in Egitto presso il piccolo paese di Tala (che conta poco più di 51.000 abitanti, All.to 2)[2];
  2. I due indagati hanno lavorato per diverso tempo per la persona offesa (in Italia);
  3. Il giorno dei fatti i tre si sono affrontati effettivamente presso il Bar … (l’indirizzo della via ove si trova il BAR così come riportato nell’ordinanza è errato. All.to 1);
  4. Tra i tre si è accesa una discussione poiché la persona offesa si è rifiutata di pagare i due indagati che reclamavano la loro paga per dei lavori effettuati per suo conto;
  5. Al culmine di tale lite le parti sono venute alle mani e la persona offesa è stata malmenata dai due indagati;
  6. 6.     La breve colluttazione si è svolta a mani nude e non vi è stata alcuna sottrazione di denaro o altro in danno della persona offesa;
  7. La lite è stata sedata dall’AAA che si era recato al BAR con la persona offesa interrompendo una prima fase della discussione tra i tre e nell’intento di riportare la calma;
  8. L’Atta è stato materialmente al centro del parapiglia e non ha potuto frapporsi con la necessaria efficacia poiché ingessato ad una gamba;
  9. Gli altri due testi escussi dalla difesa hanno assistito alla scena ed hanno sentito i dialoghi dei tre e confermano che è nata una discussione per un lavoro non pagato ai due indagati dalla P.O. al culmine della quale la medesima persona offesa veniva “solamente” malmenata;

10. Al termine della lite i due indagati si sono allontanati;

11. Ai fatti erano presenti diverse persone tutte di etnia araba e tutte originarie del medesimo piccolo paese;

12. Già durante il ricovero la persona offesa avrebbe informato l’AAA di voler denunciare per rapina i due indagati e l’AAA lo avrebbe immediatamente avvertito che lui avrebbe riferito esattamente quello che aveva visto ovvero la lite con l’aggressione ma non la rapina a mano armata;

13. Al pronto soccorso sarebbe stato presente anche il teste citato dalla persona offesa ovvero l’YYY;

14. La persona offesa – ritornato presso la città natale – avrebbe contattato i parenti dei due indagati per addivenire ad una sorta di transazione stragiudiziale nell’erronea convinzione di poter “togliere la denuncia” (Verbali ex art. 391 ter c.p.p. ai nn. 3, 4 e 5. Si allegano, altresì copia dei documenti dei soggetti intervistati e comunicazioni prodromi che all’intervista ex art. 391 bis c.p.p.)

Tutto ciò premesso e rilevato, il sottoscritto difensore

OSSERVA

Nel caso che qui interessa è fuori di dubbio che le dichiarazioni raccolte dalla difesa secondo le modalità e con gli scopi degli artt. 391 bis e ss c.p.p. (e, mi sia concesso, con tutte le formalità) disarticolano completamente il quadro accusatorio e fanno venire meno i gravi indizi di colpevolezza dei reati contestati di cui all’ordinanza di applicazione della misura cautelare in atto e per l’effetto il presupposto stesso (ex art. 273 comma 1 c.p.p.) della custodia cautelare della quale qui si chiede la revoca.

Basti anche solo considerare il fatto che – secondo quanto riferiscono le persone informate escusse dalla difesa – :

  • la denunciata rapina non si sarebbe verificata,
  • non ci sarebbe stata alcuna sottrazione del portafogli e non sarebbero comparse armi bianche di sorta,
  • (tralasciando, poi, ogni considerazione circa la credibilità del denunciante totalmente sconfessato anche dalla persona da lui medesimo indicata quale testimone oculare; l’AAA).

Va da sé che il difensore – come, del resto, gli altri protagonisti istituzionali del processo e del procedimento penale tutto – non può avere la certezza matematica della veridicità di quanto riferito dai testimoni (e sul punto occorre considerare non solo e non necessariamente la mala fede ma anche, più semplicemente, gli errori di percezione) e ci si deve “accontentare” di una analisi di quanto esposto da coloro che erano presenti ai fatti quanto più approfondita possibile onde vagliare l’attendibilità del contributo dei testimoni (operazione che il GIP ha potuto effettuare, al momento dell’emissione dell’ordinanza e fino ad oggi, solo alluce del contributo della persona offesa e dell’YYY).

***

Preso atto, come detto, che la semplice lettura dei verbali qui allegati travolge e fa venir meno i presupposti della misura in atto e sconfessa la persona offesa (ed il teste di cui sopra si è detto), è utile  – anche dal punto di vista e per le esigenze della difesa – operare quella valutazione dell’attendibilità tanto della versione della persona offesa quanto dei tre soggetti individuati e sentiti in sede di indagini investigative difensive.

L’operazione di analisi ed interpretazione  è opportuna perché è intenzione della difesa veicolare ai Giudici che leggono (PM in sede di parere e GIP per la decisione sulla revoca) il messaggio, il dato di fatto che i gravi indizi di colpevolezza a carico dei due indagati NON  vengono meno alla luce del solo contenuto dei verbali (che già comportano una rivoluzione copernicana degli elementi a carico); ma anche e soprattutto poiché l’apporto di quei verbali letto congiuntamente con altri dati fattuali già evincibili dagli atti di indagine mette in luce come il Gip ed il Pm abbiano potuto basarsi (e fare le loro valutazioni) su un mero fattoide ovvero su un accadimento che appare in un modo ma, in realtà, si è verificato in un altro.

La verifica dovrà essere effettuata sia valutando le singole dichiarazioni  dei testi e della P.O. in maniera”isolata”, sia incrociandole tra di loro, sia alla luce dei dati fattuali (ora, luoghi, dinamica, condotte post e pre consumazione del reato di tutti i soggetti coinvolti, risultanze materiali delle indagini effettuate) evincibili dalla notitia criminis (ovvero, per la difesa, con una impresa ermeneutica ancora più complessa, alla luce della sola ordinanza applicativa della misura cautelare ché la discovery non ancora realizzata non permette la conoscenza di tutti gli atti di indagine denuncia compresa).

Si tratta quindi, di operare una valutazione non limitata alle dichiarazioni dei tre soggetti escussi ex art. 391 bis e ss. c.p.p.; ma di rielaborare tutto il coacervo accusatorio ANCHE alla luce di quelle dichiarazioni.

 

1)     La circostanza che la persona offesa non conoscerebbe i suoi due aggressori.

Come abbiamo ripetuto, la persona offesa – come riferito dai tre suoi concittadini – in realtà conosce molto bene i due indagati che pare abbiano anche lavorato per lui (da lì la ragione della lite poi degenerata).

Orbene, vi sono ulteriori elementi di fatto che sembrano confortare questa preliminare e fondamentale (almeno per la credibilità della persona offesa) circostanza di fatto:

  • La persona offesa riferisce del nominativo dei due indagati con una precisione davvero inusuale se davvero fossero del tutto sconosciuti. I nomi dei due presunti offender sono lunghi, composti e – sebbene non ostici come alle nostre orecchie per un cittadino egiziano – non sono certo facilmente frutto di un “sentito dire” captato da terzi che lo possono aver riferito alla persona offesa.
  • Terzi che – i giudici lo avranno notato – avrebbero “aiutato” più volte la persona offesa sia prima della denuncia, sia in occasione dell’individuazione fotografica e che avrebbero anche raccolto le minacce dei due indagati recatisi presso la casa della persona offesa (ovvero che avrebbero interagito con la persona offesa almeno tre volte); ma terzi che – mai in nessun  passaggio dell’ordinanza – sono identificati o identificabili (e già abbiamo osservato come tale indeterminatezza sia propria anche delle fonti che permettevano alla PS l’individuazione dell’indirizzo dei due indagati…).
  • Inoltre, se davvero questi terzi hanno potuto riferire dell’identità dei due indagati alla persona offesa, ciò implica che essi siano stati testimoni dell’accaduto (è del tutto inverosimile che questi ignoti terzi abbiamo potuto individuare – in pochissimo tempo poi ed in assenza di una descrizione fisica davvero “individualizzante” dei due agenti! – e dare un nome ai due indagati alla luce della sola generica descrizione fisica data di essi dalla persona offesa; ergo, devono aver visto i fatti) e, dunque, non è nemmeno facilmente comprensibile il motivo per il quale non siano stati citati dalla persona offesa che, invece, si preoccupa di presentare l’YYY alla Polizia.
  • La persona offesa e i due indagati sono originari del medesimo paese: Tala. Così come le tre persone escusse dal difensore. Tala è un piccolo paese che ha poco più di 51.000 abitanti (All.to 4). Lo Stadio di san Siro pieno ne conta quasi 90.000…) e davvero sembra poco probabile che i tre non si siano mai visti e conosciuti nella loro terra di origine (come, al contrario, riferito da tutte e tre le persone di cui ai verbali allegati). Al contrario, la versione dei tre soggetti escussi dal difensore è oltremodo corroborata proprio dal fatto che il paese originario di tutti i soggetti coinvolti è davvero di piccole dimensioni e con relativamente pochi abitanti.
  • Sorprende anche la descrizione fisica che la persona offesa dà dei due indagati. Il ricordare i dati particolari della menomazione della mano di uno dei due non risulta collimante con la dinamica dell’aggressione che si sarebbe svolta assai velocemente, senza avvinghiamenti. Inoltre, i due soggetti erano posti uno davanti ed uno dietro la persona offesa – secondo quanto egli riferisce – e, quindi, sicuramente quello dietro non era nella visuale della vittima e quello davanti aveva le mani chiuse per colpirlo con la conseguente impossibilità per un osservatore (percosso compreso) di vedere il dito amputato. Si pensi poi alla estrema dinamicità della situazione, allo spavento della vittima al c.d. weapons effect (o effetto arma) che focalizza l’attenzione della vittima sull’arma distraendolo da altri particolari  (dita dell’offender comprese).

 

2)     La dinamica dell’aggressione a scopo di rapina in conflitto (anche) con i particolari ambientali e la poca credibilità della ricostruzione della vittima.

Dalla lettura dei tre verbali allegati sappiamo – soprattutto dall’AAA spettatore di tutta la vicenda la cui presenza sul luogo è del tutto indiscussa ed indiscutibile  – che non si è trattato di una rapina e che l’aggressione è stata l’esito di una lite per la volontà della persona offesa di non retribuire i due indagati a seguito di un lavoro da loro svolto.

L’utilizzo di coltelli pare essere una invenzione (l’ennesima) della persona offesa.

Ma a tale conclusione depongono anche altre circostanze di fatto:

  • Innanzitutto, la persona offesa in un primo momento descrive l’aggressione come avvenuta con due coltelli (V. ordinanza); successivamente, in sede di individuazione, riferisce che solo uno dei due è armato. La descrizione del coltello è precisa. Ma non si comprende come la persona offesa abbia potuto vedere il colore e la lunghezza del manico del coltello che era impugnato (appunto, per il manico) dall’aggressore.
  • A pag 2 dell’ordinanza, inoltre, la persona offesa riferisce di essere stato colpito la prima volta dal soggetto che gli stava alle spalle con un colpo ai genitali e un altro al volto all’altezza dello zigomo modalità di aggressione queste che impediscono una posizione dell’offender a tergo della vittima (i genitali – lo sappiamo – da dietro non possono essere attinti con una ginocchiata).
  • Non si comprende poi perché due rapinatori debbano aggredire un soggetto che si trova in compagnia di altri due soggetti (l’AAA, anche se infortunato, e l’YYY) in procinto di entrare in un BAR che affaccia su una piazzetta di fianco ad una banca e al cospetto di tutti passanti e degli avventori sia del BAR che della Banca che ovviamente è dotata anche di telecamere esterne (All.ti 6 e 7).
  • L’entità delle ferite riportate dalla persona offesa – 7 giorni di prognosi ed un successivo accesso al Pronto Soccorso per un malessere – non sembrano compatibili con una coltellata alla testa che (anche per la natura dell’arma da punta e taglio utilizzata secondo quanto riferito dal ferito ovvero un coltello lungo 25 cm) avrebbe dovuto provocare una lesione assai più seria (anche perché non sembrano esserci state ferite da difesa) ben indicata e descritta nel referto medico.
  • Si aggiunga a ciò che i due indagati sono incensurati; e benché tale evenienza non possa dirsi prova di innocenza sempre e comunque, si deve tenere conto della circostanza che un esordio criminoso di tale natura (un reato violento a mezzo di armi bianche con ferimento della vittima in pieno giorno ed alla presenza di testimoni) è piuttosto raro (anche nelle comunità straniere).

 

3)     La totale inconciliabilità delle versioni dei tre testimoni escussi dalla difesa con quella della persona offesa e la totale compatibilità dei fatti riferiti dai tre testi escussi con gli elementi di fatto incontrovertibili in atti.

Le dichiarazioni dei soggetti escussi dalla difesa fanno venire meno ogni grave indizio di colpevolezza della denunciata rapina a carico dei due indagati poiché contraddicono completamente quanto affermato dalla persona offesa e dal “di lui” testimone/referente.

I due soggetti sopra detti ( la persona offesa denunciante e l’YYY) costituiscono, invero, con il loro racconto, il nucleo delle accuse mosse ai due indagati e, quindi, la sconfessione dei due coincide con la sconfessione del quadro indiziario costituito dalle loro dichiarazioni.

Tale conclusione, come visto, è corroborata dalle lacune e dalle contraddizioni in cui incorre il denunciante – non solo e non tanto alla luce della diversa ed opposta ricostruzione dell’accaduto dei tre testi genuini –  anche al cospetto degli elementi di prova (rectius: degli indizi) già in atti.

Peraltro, vale la pena sottolineare che la stessa ordinanza di applicazione della misura specifica che all’arrivo degli operanti, il giorno dei fatti, appena avvenuta la lite, la persona offesa riferiva che “….aveva avuto una lite con due connazionali, i quali, dopo averlo minacciato senza alcun motivo lo avevano ferito alla testa con un coltello e si erano quindi immediatamente allontanati, facendo perdere le loro tracce…” (pag. 2) e che solo successivamente – il giorno dopo – recatosi in commissariato, la persona offesa  aveva denunciato la rapina (anche tale evenienza conferma quanto riferito dall’AAA al difensore; ovvero che DOPO i fatti ma PRIMA della denuncia, presso il pronto soccorso, la persona offesa decide di riferire alla Polizia fatti diversi da quelli accaduti ovvero la rapina anziché il pestaggio).

***

Per tutto quanto sopra esposto, il sottoscritto difensore

CHIEDE

Che l’attuale misura cautelare inflitta ai due indagati sia revocata per il venire meno dei gravi indizi di colpevolezza o, in subordine, che sia sostituita con una meno afflittiva ovvero non detentiva.

 

Milano, il giorno …

Avv. Giuseppe Maria de Lalla

 

All.ti:

1)     Informazioni sulla città di Tala (reperite tramite ricerca in internet) dalla quale sono originari tutti i protagonisti della vicenda (eccetto l’). Si evidenzia con la freccia la popolazione della cittadina: 51.498;

2)     Indirizzo esatto del BAR presso il quale si sarebbero svolti i fatti;

3)     Verbale ex art. 391 ter c.p.p. (scritto dal difensore sotto dettatura e con intervista integralmente videoregistrata – con il consenso dell’intervistato ovviamente – ) del Signor AAA (il teste indicato anche dalla persona offesa) + copia del documento di identità dell’AAA + copia della raccomandata inviata all’AAA (con gli avvisi di cui all’art. 391 bis c.p.p.) per la convocazione presso lo Studio del difensore;

4)     Verbale ex art. 391 ter c.p.p. (redatto ed effettuato con le stesse modalità di cui sopra) del Signor … (teste oculare indicato al difensore dall’AAA) + copia del documento di identità del … + copia della raccomandata a mani (con gli avvisi di legge) consegnata al … per la convocazione presso lo Studio del difensore;

5)     Verbale ex art. 391 ter c.p.p. (redatto ed effettuato con le stesse modalità di cui sopra) del Signor … (teste oculare indicato al difensore dall’AAA) + copia del documento di identità del Signor … (in questo caso al soggetto intervistato gli avvisi ex art. 391 bis c.p.p. sono stati illustrati sia prima dell’intervista (di cui vi è registrazione integrale), sia all’atto della sottoscrizione del verbale).

6)     Fotografia del BAR (estrapolata da street view) dalla quale si nota l’ubicazione (che garantisce una perfetta visuale) su una piazza e la possibilità perfetta di vedere quello che accade fuori anche attraverso le vetrate del locale.

7)     Fotografia del BAR dalla quale si evince: freccia n. 1: le vetrine del BAR; freccia 2: la Banca (a pochi metri dal BAR), freccia 3: la telecamera esterna della banca.

***

Il sottoscritto difensore

CHIEDE

Che l’esito della presente gli sia notificato a mezzo telefax al n. 02784003.

 

Avv. GM de Lalla


[1] Si sottolinea in questa sede che circa le procedure di individuazione dell’immobile abitato dai due indagati, l’ordinanza riporta che i militari apprendevano la fondamentale circostanza “informalmente” (pag. 3 dell’ordinanza) senza precisazione alcuna dell’iter seguito e quale le fonti “informalmente” interpellate (tale procedura non elimina il dubbio che la fonte sia proprio la persona offesa già assai informata circa i due indagati benchè – a suo dire – sconosciuti fino ai fatti del …)

[2] Si precisa che la ricerca in internet più approfondita della città di Tala (attraverso google) ha dato pochissimi e frammentari risultati dovuti alla trascurabile importanza ed alle dimensioni ridotte della cittadina.

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